Solo per un giorno by Massimiliano Boni

Solo per un giorno by Massimiliano Boni

autore:Massimiliano Boni [Boni, Massimiliano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Massimiliano Boni, maratona, corsai, Murakami Haruki, Cormac McCarthy, Attese
editore: 66THAND2ND
pubblicato: 2015-03-11T23:00:00+00:00


30 dicembre 2013

Roberto Grigis, per esempio

Ieri mattina, appena alzato, ho sbirciato dalla finestra dello studio. Se la notte gela, sui villini di fronte rimane uno strato di ghiaccio finché il sole non lo scioglie via. Ho dato un’occhiata al tetto del vicino con un misto di timore e speranza, sapendo che mi aspettava un lungo, il terzo consecutivo. L’animo di un maratoneta ibrido come sono io è sempre in bilico tra speranza e timore. Speranza di farcela e timore di aver fissato un obiettivo troppo alto. Speranza di migliorarsi e timore di fallire. Il tetto, quando ha cominciato ad albeggiare, era di un ocra scuro. Niente ghiaccio. Un po’ mi è dispiaciuto. Amo correre con il freddo. In generale, amo gli inverni rigidi, anche se da queste parti se ne vedono sempre meno. Forse perché mi ricordano quando ero giovane.

All’inizio dell’adolescenza, chiuso ancora nel mio mondo, non riuscivo a immaginare come ne sarei uscito. A quattordici anni c’è chi scopre le amicizie, chi i primi amori, chi il sesso; io scoprii lo sci.

Non che cominciai a praticarlo (non so sciare), ma una domenica di dicembre mi ritrovai davanti alla tv a vedere una manche di slalom. Il telecronista era Alfredo Pigna. Il suo era uno stile classico, appena un po’ d’antan, che però rassicurava anche i perfetti ignoranti come me; a lui seguì Furio Focolari e fu un disastro – un romano a commentare lo sci! –, fino all’avvento di Bruno Gattai su Telemontecarlo, che mi regalò dieci anni circa di puro godimento tecnico e agonistico.

Non so bene perché mi piacesse tanto lo sci. Al tempo in cui fioriva la mia passione (l’84, l’85) c’erano atleti bravi, giovani, promesse destinate però a non sbocciare, col risultato che erano quasi sempre gli altri a vincere, soprattutto austriaci e svizzeri.

Il migliore forse era Richard Pramotton, perlomeno il più costante. Insieme a lui c’erano Roberto Erlacher e soprattutto Oswald Tötsch, che qualche volta fu lì lì per aggiudicarsi uno slalom, ma quante delusioni ha dato ai tanti che pensavano potesse venirne fuori un vero campione.

Insomma, divenni un esperto. Un giorno feci addirittura ammutinare la classe perché i termosifoni erano tiepidi. Ce ne andammo via: gli altri non so dove, io a casa, perché c’era lo slalom di Madonna di Campiglio. Conoscevo ogni dettaglio sulle tecniche, i materiali, le piste. La più bella a mio avviso è sempre stata Kitzbühel. Già, la mitica Streif di Kitz. La più spettacolare, e la più pericolosa.

Guardavo le gare, le registravo su un vecchio Hitachi (conservo ancora tutti i Vhs, chiusi in soffitta dentro un paio di scatoloni abbandonati), e intanto l’adolescenza scorreva. Aspettavo il fine settimana non per uscire, ma perché il sabato c’era la discesa libera e la domenica lo slalom.

Poi, una domenica mattina, arrivò come ogni anno Wengen.

La prima manche funzionava così: i primi quindici a scendere erano i migliori della specialità; era fondamentale essere tra quelli perché dopo la pista si rovinava, si formavano i solchi intorno ai pali e diventava difficile tenere la traiettoria migliore.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.